Design, Sky: le forme della comunicazione on demand

Con tutti i problemi del mondo, perché parlare proprio di design? E’ vero, il design non ci fa sopravvivere, non si mangia, ed è visto come un argomento riservato alle élite.

Ma se provassimo a guardarlo come emblema del nostro tempo, cosa cambierebbe? Molto.

“Il design è antropologia applicata” – Marc Augè

Il design è linguaggio, e si interpreta in molti modi: può valorizzare la funzione di un oggetto, o l’estetica, o ancora il divertimento (come vediamo nel trittico qui sotto). Se il razionalismo predicava superfici rettangolari e colori primari, di tutta risposta il design degli Anni ’60 e ’70 ha sperimentato colori e forme nuove nell’ottica della socialità, della corporeità e dell’anticonformismo.

Franco Audrito, Marilyn sofa, 1972. Fonte: https://collection.maas.museum/object/52961
Erwan Bouroullec, Ploum, 2011, fonte: www.bouroullec.com/?p=216
Cini Boeri, Serpentone, 1971. Fonte: www.ciniboeriarchitetti.com/product/serpentone.html

Ce ne parla molto bene “De.Sign”, la serie di documentari on demand targata Sky Arte. Insomma, ogni epoca ha le sue idee, i suoi desideri e le sue paure, e il design le rappresenta tutte: ne parla questa serie giunta alla quinta stagione.

Il divano, la luce, la sedia, la tavola, la libreria, la cucina, l’ambiente, il bagno, design e arte, il design per tutti sono le 10 puntate della prima stagione, 30 minuti ciascuna.

“Divano” viene dall’arabo “diwan”, la sala dove gli scriba copiavano gli atti amministrativi seduti su dei materassini

In ogni puntata troviamo interviste ai designer più famosi, spunti visivi e idee. Bella l’idea delle “spiegazioni” e della collocazione di persone e oggetti nella geografia e nel tempo: aiutano ad orientarsi nella storia, a capire quali idee siano alla base di un oggetto, e di come questi oggetti siano l’espressione del loro tempo.

design demand sky

Troviamo le crude spiegazioni, taccuino in mano, soprattutto nelle prime 2-3 puntate per poi ridursi man mano, mentre avrebbero potuto avere lo stesso spazio in tutte quante.

 

Vico Magistretti, Eclisse, 1967. Fonte: http://icondesign.it/storytelling/lampade-storia-del-design/

Cucina – Gabriele Centazzo, imprenditore: “A fine vita noi ritiriamo la cucina e la rimettiamo in ciclo generando zero rifiuti. Possiamo farlo perché a livello di progetto abbiamo pensato al suo fine vita e abbiamo usato solo materiali riciclabili e senza colle (…) se fai veramente ecosostenibilità fai innovazione e il mercato ti premia”

Il design ci aiuta a riflettere anche sugli stereotipi e ad aggredire i miti che prendiamo come già dati. Per esempio, i braccioli del divano ci danno un’aria statuaria ma non aiutano certo a rilassare la schiena. Poggiamo le mani sui braccioli come segno di potere: un archetipo che viene dalla cultura borghese.

Veniamo al programma De.Sign: la grafica richiama la rete, con nodi pieni di parole chiave, date e nomi di artisti collegati fra loro da trattini in movimento. Unica “pecca”, a mio parere, è la musica che ci accompagna in questi viaggi: sono state scelte le canzoni-icona dei diversi periodi, quando al contrario una musica contemporanea sarebbe stata più in linea con lo spirito delle puntate.

Tolomeo Micro Table. Fonte: https://www.artemide.com/en/subfamily/1834025/tolomeo-micro-tablelampada design

 

Utopia, convergenza, movimento. Design per parlare del mondo come lo vediamo, della nostra vita. Oggetti non per UN mondo futuro, ma PER il futuro. De.Sign è uno dei tanti modi per avvicinarsi al design e averne uno sguardo meno scettico, per un tempo ben speso.

Articolo di: Alice Palombarani

Scritto e pubblicato il: 05.06.2018

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