Agricantus Reunion (Teatro Palladium)

Il 19 settembre il gruppo folk/ambient Agricantus si è riunito al Teatro Palladium: presentando brani dell’ultimo album “Turnari”, ha coinvolto il pubblico con la musica dalla Sicilia al mondo, nell’ambito del nuovo festival “Ossigeno”.

Ossigeno è realizzato dall’Accademia Italiana del Flauto

in coproduzione con IN/OUT produzioni

in collaborazione con UNIVERSITA’ DEGLI STUDI ROMA TRE

 

In anteprima assoluta, gli Agricantus hanno incantato il Teatro Palladium nel live show “Agricantus Reunion”, con le musiche dell’ultimo album “Turnari” e i più amati pezzi di repertorio.

L’esibizione, inserita in coda all’Estate Romana 2014, fa parte di OSSIGENO, il nuovo festival di Roma in collaborazione con il Centro Culturale Elsa Morante. Teatro di spettacoli e concerti è il Palladium, edificio valorizzato dall’Università degli Studi “Roma Tre”, nel quartiere riqualificato della Garbatella.

Nati a Palermo negli ultimi anni ’70, gli Agricantus contano attualmente i bravissimi Mario Crispi (fiati, voce), Mario Rivera (basso, voce), Giuseppe Grassi (plettri), Giovanni Lo Cascio (batteria e percussioni) e Federica Zammarchi (voce); il gruppo è una perla della world music, genere musicale di contaminazione fra musica popolare e tradizionale, etnica e folk.

Tema della serata è stato il viaggio, quello coatto di migliaia di emigrati alla ricerca di un futuro, e quello degli Agricantus stessi. Che raccontano un nuovo inizio. Non a caso il suffisso “Reunion” vuole significare “ritrovarsi per rinnovare lo spirito degli inizi, per rafforzarlo con nuova linfa”. Gli ospiti che hanno affiancato il gruppo, come Massimo Laguardia, Giuseppe Panzeca, Enzo Rao e Nello Mastroeni, hanno mostrato l’importanza del dialogo e della sperimentazione sonora, arrivando a un ottimo risultato. Le musiche sono state accompagnate da proiezioni video, in linea con lo stile, ma che forse avrebbero potuto dare un contributo più incisivo.

L’energia e la sinergia del gruppo hanno trascinato la sala (volenti o nolenti, al ritmo è impossibile sottrarsi). Sarà perché fra i musicisti è nata un’intesa fatta di strumenti che dialogano, che parlano e si rispondono? Sarà per le sonorità evocative che ci fanno immaginare un mondo lontano e arcaico? Sarà che quella sera, proprio davanti al palco e proprio sopra le nostre teste, hanno preso forma il lavoro negli agrumeti siciliani, la voluttà delle odalische e i silenzi delle moschee, il mistero degli arcipelaghi vietnamiti? Quello che conta è che il pubblico ha reagito, non riuscendo a restar seduto si è alzato in piedi, muovendosi al ritmo di un capolavoro come “Istanbul Uyurken”.

Articolo di: Alice Palombarani

scritto e pubblicato il: 21.09.2014

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