“Sono rimasti solo questi posti” mi dicono al botteghino, giorni fa, quando comprai i biglietti.
“Nel quarto ordine vedrò bene? Vada per questi” dico. Mi piacciono i balconcini del Teatro Argentina, perché sono come salottini, e posso guardarmi attorno, sgranocchiare cioccolata nelle parti meno avvincenti (mi prendo delle libertà che in platea non potrei permettermi). Questa è la volta de “Il Don Giovanni” di e con Filippo Timi. L’ho visto diverse volte ma solo in tv, come dalla Bignardi per esempio in un’intervista, e mi sta simpaticissimo. Anche perché è un attore balbuziente, che sembra una contraddizione, un po’ goffo e dall’aspetto matto.
Avevo sentito dei buoni commenti allo spettacolo, quindi prendo posto che sono davvero curiosa. Si apre il sipario: in scena un materasso a forma di croce e tre corpi buttati a terra. Lui si alza, si droga, vuole suicidarsi. Per far capire come sarà il trend dello spettacolo, entra il servo Leporello vestito come una gallina, o una teiera; Don Giovanni si veste e urla “Voglio baciare una donna!” e si fionda in platea e ne bacia tre del pubblico (giù una selva di braccia alzate a gridare “ME! ME!”) e risa di tutti. Timi è un Don Giovanni eclettico, esagerato, strafatto. Penso che stile e linguaggio prendano molto dal film “Arancia meccanica” e che la concitazione delle scene sia pari allo spettacolo “Priscilla”.
Don Giovanni è un’anima in pena. Personaggio seicentesco rilanciato dall’opera mozartiana e di Moliere, è il donnaiolo per antonomasia, ama follemente le donne e le vuole distruggere: ad ogni conquista ne può depennare una dal suo elenco. “Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa” dice Timi nelle note di regia “E’ grande perché accetta appieno le conseguenze, inevitabili, dell’essere nient’altro che se stesso”. Nel suo amore c’è soprattutto esaltazione e violenza (verso tutti, se stesso in primis), e una sfida: possedere tutti i tipi di femminilità. Nello spettacolo sedurrà le invasate Elvira (la donna fatale, l’amore lento e vero), Zerlina (la donna angelica, l’improvvisazione, la seduzione), Donna Anna (la donna rabbiosa e vendicativa, l’amore calcolato). Ognuno ci può trovare dentro la propria storia, oppure no.
Questo “Don Giovanni” è scritto interamente da Filippo Timi, che rivisita fortemente l’originale e sforna una versione ultra contemporanea dal gusto barocco. Il testo è totalmente sopra le righe, mescola battute, canzoni di Celentano, videoclip. A un certo punto Don Giovanni, per farsi perdonare dal servo, gli canta una canzone della Sirenetta. La scenografia è audace e sacrale (il palco è costituito da una piattaforma luminosa, le quinte sono imbottite, lo sfondo sembra una prospettiva del Tiepolo). Capitano gabinetti, sedie a rotelle, flebo. Svettano per originalità i fantastici costumi (che solo loro valgono mezzo spettacolo), apoteosi di colori, accessori kitsch, gilet satinati e scarpe audacissime (Timi indosserà anche un vestito fatto con 600 fiori e uno confezionato con gli “scalpi” delle donne). Si ride, si ride tanto, perché gli attori entrano ed escono dai personaggi, scimmiottano i cliché delle tragedie, si divertono vistosamente improvvisando come cabarettisti. Per esempio Don Giovanni e Leporello devono scambiarsi i vestiti…ma qualcosa non è stato scritto: “Adesso spogliati” ordina Timi a un Leporello vistosamente imbarazzato, che minaccia vendetta nelle scene successive.
Una buffonata? Assolutamente no. Gli attori sono bravissimi e fanno tutto. Intendiamoci. Ci sono violenze, stupri, fughe, ma non ho mai pensato che fosse scontato né volgare. Lo spettacolo è percorso interamente da un senso di fine incombente, e al termine si tinge di sfumature dark, di cui la vivacità dei colori è una proiezione distorta. Lo sguardo concentrato di Timi riesce a tagliare l’aria. Ho passato bene lo spettacolo (2 ore e quaranta) perché gli espedienti mi tenevano sulle spine, tutto era curato e avevo la sensazione di assistere a qualcosa di istrionico. E un po’ porno.
Articolo di: Alice Palombarani
Scritto e pubblicato il: 09.03.2015
IL DON GIOVANNI
di e con Filippo Timi
dal 3 al 15 marzo 2015
e con (in ordine di apparizione)
Umberto Petranca, Alexandre Styker
Lucia Mascino, Matteo De Blasio
Elena Lietti, Fulvio Accogli, Marina Rocco
Roberto Laureri
regia e scena Filippo Timi
luci Gigi Saccomandi
costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele
regista assistente Fabio Cherstich
La scena è stata realizzata presso il Laboratorio del Teatro Franco Parenti
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