Questo “Mercante” un po’ così

 “Il mercante di Venezia” con G. Albertazzi  – Teatro Quirino

di William Shakespeare
e con Franco Castellano
scene Paolo Dore
costumi Daniele Gelsi
consulenza storico letteraria Sergio Perosa
regia Giancarlo Marinelli
NUOVO ALLESTIMENTO

personaggi e interpreti
Shylock Giorgio Albertazzi
Porzia Stefania Masala
Antonio Franco Castellano
Doge Paolo Trevisi
Bassanio Francesco Maccarinelli
Graziano/Pretendenti Diego Maiello
Jessica Ivana Lotito
Job Cristina Chinaglia
Lorenzo Simone Vaio
Nerissa Vanina Marini
I Ancella Alessandra Scirdi
II Ancella Erika Puddu
III Ancella Francesca Annunziata

Inizia la stagione 2014/15 del teatro Quirino dedicata ai grandi autori. C’è lo Shakespeare de “Il mercante di Venezia” e la rivisitazione di “Otello” con Luigi Lo Cascio (liberamente tratto); ci sarà un grande classico del Novecento come Eduardo De Filippo, con “Uomo e galantuomo” e ”Il sindaco del rione Sanità”; non potrà mancare il sempreverde Pirandello, che come ogni anno si riconferma nella programmazione del Quirino, con “La vita che ti diedi” e “L’uomo, la bestia e la virtù”. Si alterneranno sul palco attrici e attori da grandi produzioni anche televisive (come Alessandro Haber, Alessio Boni, Massimo Ghini, Elena Santarelli, Vanessa Incontrada, Eros Pagni, Lello Arena, oltre al già citato Luigi Lo cascio).

Per il Quirino e l’Argentina curioso doppio inizio di stagione all’insegna del “Mercante”: nei due teatri, che ormai campeggiano come “istituzioni” nel panorama teatrale romano, due compagnie diverse portano in scena lo stesso spettacolo, qui con Albertazzi e lì con Silvio Orlando, qui in costume e lì in veste contemporanea, qui fedele all’originale lì rivisitato in chiave moderna.

In particolare il “Mercante” del Quirino, forte di un nuovo allestimento, vede la partecipazione di Giorgio Albertazzi nei panni di Shylock, spalleggiato da Franco Castellano. Siamo nella Venezia del ‘500. Il giovane Bassanio è innamorato della ricca Porzia: per corteggiarla chiede un prestito all’amico Antonio, un mercante cristiano che ha tutti gli investimenti in mare, noto per concedere prestiti senza interesse. Antonio, garantendo per Bassanio, stipula un bizzarro contratto con l’ebreo usuraio Shylock, un prestito di tremila ducati a una pericolosa condizione: in caso di inadempienza Shylock potrà pretendere una libbra della carne di Antonio.

(continua dopo la foto)

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Nella regia di Giancarlo Marinelli, lo spettacolo ha dei punti di forza e di debolezza. Ci si accorge sin da subito quanto questo “Mercante” sia ritagliato attorno ad un mostro (sacro) come Albertazzi (come giustamente ci si può aspettare, accolto da uno scroscio di applausi all’entrata in scena) che a 91 anni non perde una battuta, del tutto a proprio agio in uno Shakespeare forse recitato a braccio. L’attore ben evidenzia l’odio cristallino che Shylock scaglia contro la massa di cristiani, Antonio in primis, misto alla profonda avversione che un “diverso” incarna nei confronti degli “altri”. Da una parte un avarissimo usuraio ebreo, dall’altra Antonio/ Franco Castellano ben rende il rapporto ambiguo che intercorre fra lui e Bassanio, tuttavia viene depotenziato in alcune scene da una drammaturgia purtroppo debole.

La recitazione dei personaggi risulta per la maggior parte del tempo piatta e priva di sentimento; personalmente ho avuto la sensazione di emozioni in qualche modo ostentate, e di una dissonanza tra la recitazione del vecchio Shyock/Albertazzi e quella dei giovani personaggi, eccessivamente semplificati. La drammaturgia potrebbe sembrare lenta e ripetitiva, per tre ore di spettacolo (perfette per un classico shakespeariano) stirate in concetti ripetuti più volte identici a se stessi, così da inibire lo svolgersi degli eventi e trasformare una suspense altrimenti frizzante in piombo; a spiccare è la performance del personaggio secondario Lancillotto, il servo di Shylock, che ha tutta la fame e il brio di uno zanni.

I personaggi si muovono nella penombra crepuscolare creata dalla scenografia di un ponte veneziano, semplice ed efficace, in cui si svolgono le scene di Porzia, del sancta sanctorum di Shylock, del processo finale.

A mio avviso, questa riduzione firmata dall’Albertazzi stesso, anziché essere sintesi e alleggerimento della poderosa opera originale, corre sul filo della banalità. Ne risulta uno spettacolo che rischia di sottostimare il contenuto dell’opera shakespeariana, riducendone la potenza e mettendo in sordina un evento che avrebbe potuto essere unico nella memoria di molti spettatori.

Articolo di: Alice Palombarani

scritto e pubblicato il: 25 ottobre 2014

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